NUOVE POTENZE MONDIALI
L’ascesa degli Stati Uniti, il consolidamento del comunismo sovietico, la comparsa del comunismo in Cina, il rafforzarsi dell’apparato militare e delle pretese imperialistiche giapponesi caratterizzarono la situazione mondiale nel primo dopoguerra.
Dopo il conflitto gli Stati Uniti assursero al ruolo di potenza mondiale: il decisivo intervento del 1917, gli ingenti prestiti accordati alle potenze dell’Intesa per far fronte alle spese belliche e la decisa espansione manifatturiera portarono la democrazia americana a influenzare significativamente l’economia mondiale.
Repentini successi industriali e dure fasi di recessione, spesso frutto di esasperate speculazioni e sovrapproduzioni, ebbero le proprie origini oltreoceano. Con la “diplomazia del dollaro” gli USA arrivarono a esportare i propri interessi in molti Stati dei continenti prima controllati dagli Europei. In Asia, intanto, il Giappone, fortemente militarizzato e in una una fase di sviluppo economico, puntava con sempre maggiore decisione a imporre la propria supremazia sull’estremo oriente, scontrandosi con la Cina. Quest’ultima vide crescere l’autorità del partito nazionalista e di quello comunista.
L’economia dei Paesi industrializzati e la crisi del 1929
Gli Stati Uniti trainavano l’economia dei Paesi più industrializzati influenzandone gli equilibri finanziari e monetari. Accantonato rapidamente il “wilsonismo”, che auspicava una sorta di cooperazione economica mondiale, la potenza americana si chiuse temporaneamente in una politica isolazionista e di protezionismo doganale.
Nei Paesi industrializzati presto si rinsaldò il connubio Stato/capitale, mentre le rivalità e la concorrenza internazionale andavano riacutizzandosi. Gli USA, con ingenti prestiti, favorirono il processo di ricostruzione in Europa, mentre ormai la maggior parte della produzione industriale mondiale si concentrava sul loro territorio: conseguentemente, a ogni fase di espansione o ristagno della loro economia
ne corrispondeva una analoga negli altri Paesi industrializzati.
Nei primi anni ’20 gli USA furono alla guida di una forte ripresa. Nel 1922, dopo una breve fase negativa, la politica repubblicana suscitò un clima di fiducia nei grossi trust da cui partì l’impulso per una nuova fase di espansione. Lo sviluppo economico durò fino al 1929, quando una terribile crisi, generata da difficoltà dell’agricoltura statunitense, dalla mancanza di liquidità e dai prezzi artificiosamente alti delle azioni industriali, dagli Stati Uniti (24 ottobre 1929: giovedì nero della Borsa di New York) si diffuse in tutto il mondo, con effetti che sarebbero durati per diversi anni. Crollarono i prezzi delle merci, crollò la produzione, chiusero molte aziende e si ebbero licenziamenti di massa. Il protezionismo doganale, lo sviluppo del mercato interno, il controllo dello Stato sull’economia (dirigismo) consentirono di affrontare il difficile momento.
USA: da Harding al New Deal di Roosevelt
Negli Stati Uniti, il 1921 segnò l’elezione alla presidenza del repubblicano Warren Gamaliel Harding (1921-23). Contrario al wilsonismo, Harding inaugurò un periodo di isolazionismo politico (già in precedenza era stata abbandonata la Società delle Nazioni) ed economico (furono alzate le tariffe doganali, limitato al minimo l’intervento statale favorendo così le strategie dei grandi trust e posti severi limiti all’immigrazione).
Il suo successore, il repubblicano Calvin Coolidge (1923-28), mantenne la stessa linea politica mentre nel Paese l’economia era in espansione.
Gli Stati Uniti erano in una posizione di forza verso l’Europa: creditori per 10 miliardi di dollari, pretesero (ottenendola parzialmente) la restituzione dei prestiti. La crescente fiducia nel sistema generò nel Paese un’ondata di nazionalismo e fu bloccata l’immigrazione. Il proibizionismo (1920-33), suscitato da motivazioni prevalentemente morali (il consumo di alcol non doveva essere tollerato in una società moderna e industrializzata) vietò la produzione e la vendita di alcoolici. Intanto i trust assorbirono migliaia di piccole aziende che non potevano resistere alla concorrenza.
La prosperità fece diminuire il numero degli iscritti all’IWW (Partito Socialista) da 5 a 3 milioni. Nel 1929, durante la presidenza del repubblicano Herbert Hoover (1928-32), scoppiò la grande crisi economica.
Fu il democratico Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), presidente dal 1933 fino alla morte, a risollevare il Paese. Egli avviò con il National Recovery Act (16 giugno) un nuovo corso: il New Deal.
Furono potenziati i lavori pubblici, sostenuti i prezzi agricoli, sviluppata l’assistenza sociale, sottoposti a controlli gli istituti finanziari e regolamentati i rapporti tra padronato e operai.
Gabry Hopkins |
Una seconda fase fu avviata nel 1935 con il Social Security Act, che istituiva il sussidio di disoccupazione e la pensione di vecchiaia per i lavoratori. Critiche si levarono invece dagli ambienti liberali per l’eccessivo interventismo statale.
Il brain trust |
John Maynard Keynes |
Giappone e Cina
In Giappone gli zaibatsu (trust industriali) accrebbero enormemente la propria potenza. Essi si allearono con il settore militare maturando la convinzione che soltanto la creazione di un vasto impero sul continente asiatico avrebbe consentito al Paese di rafforzare la propria potenza economica e politica.
Durante la crisi del 1929 gli zaibatsu concentrarono enormemente nelle proprie mani il potere economico. La popolazione toccava ormai i 64 milioni di abitanti. L’imperatore Hirohito (1901-1989), succeduto al padre nel 1926 (sarebbe rimasto sul trono fino alla morte), tra il 1930 e il 1945 tentò di coronare i sogni imperialistici giapponesi, ma senza successo. Nel 1932, con decisione autonoma, indipendentemente dal governo, l’esercito giapponese prese l’iniziativa di occupare la Manciuria: essa divenne nominalmente indipendente (ma di fatto uno Stato fantoccio) con il nome di Manciukuò. Nel 1937 i contrasti tra Giapponesi e Cinesi si approfondirono e riprese la guerra tra i due Paesi.
I Giapponesi conquistarono Shanghai e Nanchino; a Pechino instaurarono un governo filo-giapponese, dando così inizio a un piano imperialistico in Asia. Tra il 1936 e il 1939 venne maturando l’alleanza giapponese con l’Italia e la Germania (Patto anti-Comintern 1936-37).
La Cina vide assurgere a ruolo di leader nazionale Sun Yat-sen (1866-1925) che si pose l’obiettivo di modernizzare il proprio Paese, fondando un partito nazionalista. Nel 1911 una dura crisi portò alla caduta dell’Impero, fu proclamata la Repubblica e nel gennaio del 1912 Sun fu proclamato presidente: osteggiato
dai conservatori, dovette lasciare la carica, mentre si faceva pesante l’influenza giapponese su Pechino. Sun riorganizzò il partito nazionalista, ora Kuomintang, e nel 1921 fu eletto presidente di un nuovo governo, costituito a Canton in funzione antipechinese.
Intanto, sempre nel 1921, fu fondato il Partito Comunista Cinese: tra i suoi dirigenti si stava facendo strada Mao Tse-tung (1893-1976).