La rivoluzione industriale

 


 

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

 

La rivoluzione industriale, iniziata in Inghilterra sul finire del XVIII sec., non tardò a manifestarsi anche in Europa. Il fenomeno non fu generalizzato, ma riguardò solo alcune regioni del continente: Francia, Prussia, poche aree dell’Impero asburgico e zone isolate dell’Italia settentrionale; nelle Americhe si verificò nel nord degli Stati Uniti. Il “decollo” dell’industria fu legato a un aumento della produttività agricola, a importanti innovazioni tecnologiche, all’incremento dei commerci con conseguente accumulo di capitali e alla crescita demografica. Su queste basi si sviluppò il capitalismo, sistema economico basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e dei capitali e sulla centralità dei mercati nel determinare i rapporti di scambio. 

 

 

 

 

Esso avrebbe portato due nuove classi sociali a prendere il sopravvento: la borghesia capitalistica, che deteneva il controllo dei sistemi di produzione moderna, e il proletariato che “vendeva” ai capitalisti il proprio lavoro in cambio di un salario (operai salariati).
Destinati a convivere in perpetua concorrenza, i contrasti tra i due ceti avrebbero caratterizzato gran parte del corso storico seguente.


LA RIPRESA DELL'AGRICOLTURA


La rivoluzione industriale avvenne in corrispondenza di una forte ripresa dell’agricoltura (particolarmente nei Paesi più avanzati del continente). Seguendo l’esempio inglese, nelle aziende agricole vennero introdotte nuove tecniche (sia di coltivazione sia di allevamento) e moderne tecnologie (macchine agricole quali seminatrici, trebbiatrici meccaniche ecc.), tali da incrementare notevolmente i raccolti. Risultato di questi passaggi fu un deciso aumento della redditività, con conseguente accumulo di capitali che, per opera delle banche, furono messi a disposizione dell’industria. Ma questo “circolo virtuoso” si innescò solo nei Paesi più progrediti ed ebbe come protagonisti esclusivamente i grandi proprietari terrieri. I piccoli proprietari e il mondo agricolo delle regioni prevalentemente rurali (Spagna, Italia centrale e meridionale, Polonia, Russia) restarono ancorati al passato mantenendo metodi produttivi arretrati.


 

INVENZIONI E INDUSTRIA

 

La rivoluzione industriale poggiò sulle solide basi delle scoperte scientifiche e tecnologiche effettuate nel corso del XVIII e XIX sec. Già nel 1769, James Watt perfezionò la macchina a vapore (v. cap. 21): la sua applicazione nel settore tessile, nella metallurgia e nei trasporti contribuì al progresso in maniera determinante.
Tra il 1830 e il 1847 il numero delle macchine a vapore crebbe costantemente nell’Europa industrializzata: in Gran Bretagna esse passarono da 15 a 30 mila, in Francia da 3 a 5 mila. La loro diffusione produsse un’intensificazione dello sfruttamento delle miniere di carbone; Paesi come l’Inghilterra, la Francia, la Germania e il Belgio, che ne erano ricchi, furono avvantaggiati. 

Durante la rivoluzione industriale iniziò a svilupparsi la siderurgia. Vi erano altiforni per l’acciaio e la ghisa in Inghilterra, a Birmingham e Glasgow; in Germania cominciò la sua attività la famiglia tedesca Krupp, sfruttando il bacino della Ruhr. Ben presto gli altiforni a legna furono sostituiti con quelli a coke. Si sviluppò quindi l’industria chimica, soprattutto per produrre concimi e colori artificiali, nonché lo zucchero; nel 1843 si mise a punto il processo di vulcanizzazione del caucciù. Fondamentale fu il supporto fornito alle industrie da nuove ed efficaci reti di trasporto. 

Mettendo a frutto l’invenzione del treno, nella quale ebbero una parte decisiva gli inglesi George e Robert Stephenson, all’inizio del secolo vennero costruite le prime ferrovie, che nel 1850 si estendevano già per 38 000 chilometri: di questi, 14 000 erano negli USA e 11 000 in Gran Bretagna. Iniziò a diffondersi la navigazione a vapore (nel 1807 l’americano Robert Fulton costruì il vaporetto Clermont). Per comunicare a distanza lo statunitense Samuel Morse nel 1844 perfezionò il telegrafo. Il nuovo sistema capitalistico mise le imprese di fronte alla realtà della concorrenza: occorreva produrre manufatti di qualità al prezzo minore possibile per assicurarsi la supremazia sul mercato (legge della concorrenza).
 

 LE BANCHE

 

L’allargamento della produzione industriale richiedeva una solida organizzazione finanziaria. Le banche seppero subito adeguarsi, garantendo alle imprese la possibilità di ottenere capitali in prestito. Accanto alle banche pubbliche si svilupparono quelle private, con alla testa vere e proprie dinastie (i Rotschild, i Parish, i Baring ecc.). Le stesse imprese, crescendo, furono costrette a darsi un assetto più solido: nacquero così le Società per Azioni, in cui più finanziatori fornivano il proprio denaro a una iniziativa imprenditoriale. Per provvedere alla compravendita delle azioni, al cambio di valuta e al collocamento
dei prestiti pubblici furono fondate le Borse (a Londra e Parigi le più importanti).


LE CONDIZIONI DI LAVORO


Nei Paesi industrializzati i lavoratori che trovarono impiego nelle fabbriche delle città si trasferirono spesso nelle periferie urbane con le famiglie. Costretti a vivere in abitazioni malsane, e a lavorare sopportando ritmi massacranti (13-15 ore quotidiane), presto maturarono l’esigenza di vedere salvaguardati i propri interessi. Gli operai salariati iniziarono così a riunirsi in associazioni di mestiere. 

In Inghilterra, furono istituite le Trade Unions (Unioni di mestiere), nate nella seconda metà del XVIII sec. e riconosciute dal governo nel 1824. Nel 1834 fu istituita la Grand National Consolidated Trade Union che le comprendeva tutte. Non ottenendo successi nella legislazione del lavoro, esse si orientarono all’attività politica. Nel 1838 redassero la Carta del popolo per la democratizzazione del sistema politico inglese.
In Francia tra gli artigiani e alcuni gruppi di operai si diffusero le Società di mutuo soccorso. Di fronte a questi movimenti la borghesia assunse atteggiamenti differenti. I più respingevano le richieste dei lavoratori, mentre solo una piccola minoranza era favorevole a un moderato interessamento. I governi, dal canto loro, affrontarono i problemi legati al mondo del lavoro proletario per evitare pericolose tensioni. Nel 1831 in Inghilterra furono emanate leggi che limitavano a 10 ore l’orario di lavoro per donne e bambini sotto i 10 anni. In Francia venne limitato l’impiego dei bambini solo nel 1841, ma la legge riguardava esclusivamente le fabbriche con più di 20 dipendenti.


 

 

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