Il Risorgimento

 

 


 

IL RISORGIMENTO

 

Il Risorgimento è quel processo storico che portò alla formazione dello Stato nazionale unitario in Italia. Tradizionalmente se ne fa risalire l’inizio al Congresso di Vienna (1815), ma certamente se ne possono ritrovare i “germi” fin dal periodo della dominazione napoleonica. Già in quegli anni, infatti, si diffuse nella penisola un forte sentimento nazionale e intrapresero la loro attività le prime società segrete: come si è visto, la base borghese militare di queste ultime non fu capace di gestire le insurrezioni del ’20 e del ’30.
I fallimenti gettarono le società segrete in una crisi da cui non si sarebbero più riprese. Intanto, mentre in Italia ormai si era instaurato un clima reazionario, venne emergendo dalle schiere intellettuali borghesi la figura del genovese Giuseppe Mazzini: egli maturò una nuova concezione di organizzazione cospirativa, arrivando a progettarne una che si prefiggesse l’obiettivo di conquistare l’indipendenza nazionale, ma educando prima la popolazione ai principi democratici e liberali. Nacque così la Giovine Italia. Accanto agli orientamenti repubblicani di Mazzini si svilupparono altre correnti di pensiero che animarono un vivace dibattito sull’avvenire politico italiano. 

 


 

MAZZINI E LA GIOVANE ITALIA

 

In Italia la crisi delle società segrete portò Giuseppe Mazzini (Genova 1805-Pisa 1872), ex-carbonaro confinato in Francia nel ’30, a progettare una nuova organizzazione clandestina che superasse i limiti delle precedenti: la Giovine Italia. Molteplici i suoi obiettivi: unità, indipendenza, libertà, uguaglianza e umanità.
Mazzini maturò le proprie idee influenzato dall’ambiente culturale d’oltralpe. Da Filippo Buonarroti derivò l’orientamento giacobino che lo portò a concezioni repubblicano-unitarie; dall’utopia socialista trasse una profonda sensibilità sociale; Guizot e Cousin lo colpirono con le loro teorie sul progresso.
Mazzini era convinto che per portare a termine la propria missione la Giovine Italia dovesse prima di tutto educare la popolazione, quindi pianificare l’insurrezione. In sintesi la sua attività era centrata intorno al binomio “pensiero e azione”.
La propaganda mazziniana si diffuse in Piemonte e Liguria, ma anche in Toscana, negli Abruzzi e in Sicilia, infiltrandosi particolarmente negli ambienti militari. Primo atto di Mazzini, nel ’31, fu di indirizzare al nuovo re dello Stato Sardo, Carlo Alberto (1831-1849), di cui era noto il coinvolgimento nei moti del’20, una lettera in cui lo esortava a prendere il comando del Risorgimento: questo gesto, forse attuato per stroncare definitivamente la fiducia che i carbonari riponevano in un eventuale intervento sabaudo nella lotta per l’indipendenza, non incontrò il favore del sovrano. 

 

 


 

 

Al 1833 risale il primo tentativo insurrezionale della Giovine Italia: la rivolta avrebbe dovuto svilupparsi in Piemonte e a Genova. Carlo Alberto scoprì in anticipo le intenzioni di Mazzini, anche perché la congiura fu organizzata senza osservare troppe precauzioni, e procedette a una sanguinosa repressione. Fu arrestato anche Jacopo Ruffini - amico di Mazzini - che si suicidò in carcere. Ancor più fallimentare fu l’esito di un piano del 1834: fu dato incarico ad alcuni fuoriusciti italiani, comandati da un reduce dell’insurrezione polacca, Girolamo Ramorino, di penetrare in Savoia dalla Svizzera istigando i contadini alla rivolta, mentre a Genova si sarebbero sollevati gli uomini della marina militare sabauda guidati da Giuseppe Garibaldi (Nizza 1807-Caprera 1882). I fuoriusciti, però, furono facilmente sconfitti dall’esercito di Carlo Alberto. Garibaldi, rimasto solo, fu costretto a una precipitosa
fuga in Francia e condannato a morte in contumacia. 

L’anno dopo si trasferì in Sudamerica. Dal canto suo, Mazzini riparò in Svizzera, dove, non potendo agire attivamente verso l’Italia, fondò con altri esuli la Giovine Europa (1834), basata sulla solidarietà
tra le nazioni. In questo periodo egli attraversò la cosiddetta “tempesta del dubbio”, caratterizzata dal rimorso di avere sacrificato tante vite senza aver centrato alcun obiettivo.
Superò la crisi convincendosi che la causa nazionale italiana era più importante di ogni insuccesso contingente. Costretto a raggiungere l’Inghilterra nel 1837 perché colpito da un decreto d’espulsione, visse a Londra quasi in miseria. Tuttavia non interruppe mai la sua propaganda in Italia. Nel giugno 1844, altri mazziniani, i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, tentarono, di propria iniziativa e col parere contrario dello stesso Mazzini, uno sbarco in Calabria, fidando nell’appoggio dei contadini.
Contrariamente alle speranze la popolazione delle campagne, ancora non preparata all’insurrezione, rimase inerte: abbandonati a se stessi, i rivoltosi furono arrestati e fucilati dalla polizia borbonica insieme a 7 compagni.



GLI STATI ITALIANI TRA IL 1830 E IL 1846

Mentre negli ambienti intellettuali si diffondevano le correnti risorgimentali, negli Stati italiani si registravano atteggiamenti di chiusura. Nel Regno delle Due Sicilie, Ferdinando II (1830-’59) fu contrario a ogni innovazione liberale. Ciò impedì la formazione di una solida classe media a tutto vantaggio dei grandi proprietari terrieri. In Sicilia, intanto, a causa dello stato di subordinazione al continente in cui l’isola veniva mantenuta, si rafforzò lo spirito separatista: nel 1837 una rivolta fu soffocata nel sangue dal maresciallo Del Carretto. 

 

 

 

Nello Stato Pontificio, papa Gregorio XVI (1831-1846) utilizzò metodi retrivi: egli arrivò al punto di considerare il progresso come figlio di Satana.
Il Granducato di Toscana di Leopoldo II restò aperto a un certo liberalismo anche se il sovrano, per compiacere l’Austria, fu costretto a sopprimere nel 1833 l’“Antologia”, una rivista di ispirazione liberale fondata a Firenze nel 1821 da Giampiero Viesseux e Gino Capponi. Nel Ducato di Parma e Piacenza, Maria Luisa si allineò alle posizioni toscane. A Modena, Francesco IV ormai non era che una pedina in mano agli Asburgo. 

Nel Lombardo-Veneto l’Austria introdusse riforme nei settori amministrativo e dell’istruzione, che diedero impulso anche all’economia.
Per finire, nello Stato Sabaudo Carlo Alberto, succeduto nel 1831 a Carlo Felice, pur da posizioni conservatrici, introdusse riforme economiche e amministrative ispirate alla legislazione napoleonica.





Il Risorgimento e l'unità d'Italia

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