La guerra civile inglese

 

 

 

 


 

 

IL REGNO DI GIACOMO I

 

FINE DELLA DINASTIA TUDOR E ASCESA DI GIACOMO I Morta senza eredi Elisabetta I, la dinastia Tudor si estinse e sul trono d’Inghilterra salì Giacomo I Stuart (1603-25), figlio di Maria Stuart e re di Scozia. Le due corone di Scozia e d’Inghilterra – quest’ultima comprendente anche l’Irlanda – si trovarono così unite in una sola persona. 

Giacomo I propose un programma di forte accentramento monarchico, basato sulla riaffermazione dell’autorità della Chiesa anglicana – dal punto di vista gerarchico e liturgico più che dottrinale, sul prelievo di risorse economiche attraverso la tassazione, sull’esautorazione degli organismi rappresentativi tradizionali – la Camera dei Comuni – a vantaggio di esponenti della corte direttamente legati al sovrano; anche sul piano dell’amministrazione della giustizia fu notevole la spinta verso la creazione di tribunali regi esenti da nomine elettive e liberi di ignorare le garanzie accordate ai cittadini dalla ormai plurisecolare tradizione della Magna Charta. 

Sul piano della politica estera, Giacomo I fu incapace di giostrare, come brillantemente aveva fatto Elisabetta, tra le due grandi potenze continentali, Francia e Spagna, ma finì per scontentarle entrambe; cosa ancor più grave, la sua assenza dalla grande scena politica europea non fu funzionale, come nel primo trentennio del regno di Elisabetta, alla tutela e al rafforzamento su scala mondiale degli interessi commerciali inglesi: significativo fu, da questo punto di vista, il declino della collaborazione tra la corona e le grandi compagnie commerciali.
 

DISSENSO RELIGIOSO Nel suo sforzo di accentramento, Giacomo I non riuscì a creare una solida struttura burocratica e militare e una sicura base di consenso. I cattolici, che avevano sperato di trovare in lui – figlio della cattolica e martire Maria Stuart  – il campione della propria riscossa, rimasero delusi fino al punto di tramare contro la sua persona: famosa fu la cosiddetta congiura delle polveri, il cui piano – fallito – prevedeva di far saltarein aria il re con tutto il Parlamento. 

 


 

Dal canto loro i puritani  non accettarono il rilancio della Chiesa anglicana voluto dal re: essi erano infatti convinti che la vita religiosa dovesse essere esente da ingerenze dell’autorità civile, tanto più in quanto questa autorità non godeva del prestigio e della credibilità di Elisabetta. Ciò comportò una ripresa delle persecuzioni religiose che causò un consistente flusso migratorio di dissenzienti: tali erano i Padri Pellegrini che, a bordo della Mayflower, approdarono nel Massachusetts, in Nord America (1620); il loro esempio sarà seguito da migliaia di inglesi nel ventennio successivo.
 


 

 

DISSENSO DEL PARLAMENTO Il mondo dell’imprenditoria commerciale, manifatturiera, agricola, che non era composto solo da un forte ceto borghese ma anche da una cospicua frangia della piccola e media nobiltà – la gentry – si vide danneggiato nei suoi interessi economici dal fiscalismo e dall’assenteismo in politica estera del re, e per di più insidiato nellasua roccaforte tradizionale, il Parlamento. In assenza della grande nobiltà – decimata nel XV secolo durante la guerra delle Due Rose – il fronte del dissenso nei confronti della monarchia si concentrò proprio nel Parlamento, che divenne contemporaneamente sede principale della opposizione religiosa.
Giacomo I si trovò ripetutamente in contrasto con l’assemblea, soprattutto in occasione di richieste di nuove imposizioni fiscali, e diverse volte si rifiutò di convocarla o ne arrestò gli esponenti più attivi.


IL REGNO DI CARLO I

 

CARLO I CONTRO IL PARLAMENTO Il successore di Giacomo I, Carlo I Stuart (1625-49), sciolse il Parlamento per due anni consecutivi, nel 1625 e nel 1626. Costretto a riconvocarlo nel 1628 per farsi approvare il finanziamento di una spedizione di soccorso agli ugonotti assediati alla Rochelle, il re dovette accettare una Petition of Rights («Petizione di diritti») che condannava il fiscalismo monarchico, l’oppressività della Chiesa anglicana, l’uso invalso di trattenere i cittadini senza autorizzazione da parte di alcun tribunale. 

La petizione sortì tuttavia un effetto opposto a quello desiderato: nel 1629 Carlo I Stuart sciolse di nuovo il Parlamento e cominciò a reprimere sistematicamente l’opposizione politica e religiosa. La sua azione scavò un profondo fossato tra la monarchia da un lato, la gentry provinciale e le borghesie cittadine dall’altro; il re apparve in sostanza come il persecutore dei ceti economicamente più attivi e più sensibili alle suggestioni del puritanesimo. 

Duetribunali speciali, la Camera stellata – le cui competenze furono estese ai reati politici – ela Corte di alta commissione – istituita per reprimere la dissidenza religiosa –, lavoravano a pieno ritmo, mentre il re aggirava la «Petizione di diritti» imposta dal disciolto Parlamento: senza che l’assemblea venisse convocata, fu estesa a Londra e a tutte le città del Regno l’esazione dello ship-money, un tributo originariamente versato solo dai centri portuali per il mantenimento della flotta regia.
La vendita delle cariche pubbliche e le dimensioni della burocrazia parassitaria raggiunsero proporzioni straordinarie: una pletora di funzionari, magistrati, appaltatori di pubbliche funzioni e servizi versava al tesoro regio congrue somme, di cui si rifaceva abbondantemente a spese della comunità.
Dal punto di vista religioso, il forte rilancio della Chiesa di Stato comportò un diretto attacco contro le comunità puritane, che non riconoscevano l’autorità dei vescovi anglicani e dei parroci da loro nominati.
 

 


 

 

IL CORTO PARLAMENTO Nel 1639 l’arcivescovo William Laud – primate della Chiesa anglicana – avviò una operazione di normalizzazione della vita religiosa in Scozia, dove nel 1560 si era stabilita la Chiesa nazionale presbiteriana, di stampo calvinista ortodosso. Di fronte al ripristino della gerarchia anglicana, al recupero delle proprietà confiscate a suo tempo agli ordini religiosi cattolici, all’introduzione di modifiche liturgiche, il clero presbiteriano, seguito dall’assemblea nazionale scozzese – nobiltà in testa – rispose con il Covenant, un «patto» giurato di difesa a oltranza del calvinismo ortodosso dalle ingerenze inglesi. Era la guerra: gli scozzesi sconfissero l’esercito regio e invasero il territorio inglese occupando alcune città. 

Esaurite le risorse finanziarie, Carlo I fu costretto, per poter continuare la guerra, a convocare il Parlamento perché approvasse nuove imposizioni fiscali. Nell’assemblea prese però corpo una vasta opposizione, che solidarizzò con i ribelli e reclamò l’abolizione dei più vessatori provvedimenti della corona. Il re sciolse subito questa assemblea che fu detta il Corto Parlamento, perché, convocato il 13 aprile 1640, fu dissolto meno di un mese dopo.
 

IL LUNGO PARLAMENTO PIEGA IL RE Nel mese di novembre dello stesso anno il re convocò, pensando forse di poterlo facilmente manipolare, quello che è passato alla storia come il Lungo Parlamento, in quanto restò in carica fino al 1653. L’assemblea, capeggiata da John Pym e John Hampden, manifestò invece immediatamente una notevole combattività, rifiutò di collaborare con il sovrano e richiese la condanna a morte dei suoi principali collaboratori.
Carlo I fu costretto a piegarsi. Il successo del Parlamento fu coronato da una raffica di provvedimenti che abolivano i tribunali speciali, vietavano nel modo più assoluto l’imposizione di nuovi tributi senza l’assenso parlamentare, l’arresto di sudditi senza processo e decretavanola fine delle persecuzioni religiose. Il primo ministro, conte di Strafford, fu messo a morte.
 

 

 


 


LA RIVOLTA IRLANDESE Nell’estate del 1641 la sconfitta del progetto assolutistico di Carlo I era evidente, ma la grandissima maggioranza del Parlamento era assolutamente lontana dall’immaginare la creazione di una repubblica. La situazione, invece, precipitò rapidamente.
Lo stesso anno scoppiò in Irlanda una violenta insurrezione di contadini e proprietari cattolici, che massacrarono migliaia di coloni protestanti inglesi e scozzesi: il re fu sospettato di aver fomentato la rivolta per modificare il quadro politico e ottenere il reclutamento di un esercito di cui si sarebbe poi servito per schiacciare il Parlamento. La manovra sembrava confermata dai suoi tentativi – peraltro falliti – di trarre dalla propria parte gli scozzesi.

 

 LA GUERRA CIVILE E OLIVER CROMWELL

 

GLI SCHIERAMENTI Nell’estate del 1642 gli schieramenti in campo si delinearono con una certa precisione. Dalla parte del re si schierarono i cosiddetti cavalieri – espressionecon cui si designavano i nobili –: si trattava per lo più di esponenti dell’aristocrazia, della gentry, dell’altissima borghesia, contrari all’evoluzione in senso radicale del programma politico parlamentare espresso nella «Grande rimostranza», all’abolizione della gerarchia anglicana, alla proliferazione della dissidenza religiosa, alle avvisaglie di disordine sociale emerse in numerose rivolte contadine e negli stessi tumulti della popolazione londinese.
 

I sostenitori del Parlamento, le Teste rotonde – così erano chiamati i puritani per l’uso di portare i capelli corti, diversamente dalle abitudini degli aristocratici–, raccoglievano invece il consenso della borghesia medio-alta, dei commercianti, dei bottegai, degli artigiani, tutti interessati a un regime di maggiore libertà dal giogo fiscale regio e di maggiore partecipazione politica, sia a livello parlamentare sia a livello di amministrazione locale. Non meno importante era il fattore religioso: la grandissima maggioranza dei puritani era filoparlamentare, e questa circostanza spiega anche l’adesione di un cospicuo numero di aristocratici e di membri della gentry; i cattolici erano invece tutti realisti.
 


 


 

L’ASCESA DI CROMWELL Tra il 1642 e il 1643 la guerra si trascinò con alterne vicende. La svolta decisiva si ebbe soltanto dopo che, morti i due leader Hampden e Pym, si affacciò sulla scena politica e militare il puritano Oliver Cromwell (1599-1658). Cromwell – che proveniva dai ranghi della gentry – si distinse in un primo momento come capo militare della fazione parlamentare, in particolare come ideatore degli Ironsides («fianchi di ferro»), un distaccamento di cavalleria corazzata che risolse numerosi scontri con le sue travolgenti cariche a ranghi serrati. 

 

 


 

In seguito, Cromwell riorganizzò tutte le truppe parlamentari nel New Model Army, un autentico capolavoro d’ingegneria politica e di scienza bellica. I soldati, accuratamente addestrati, eleggevano liberamente i loro ufficiali ed erano oggetto di un indottrinamento politico e religioso di stampo puritano, che li motivava fortemente alla lotta.

Carlo I fu sconfitto nelle due battaglie di Marston Moor (luglio 1644) e di Naseby (giugno 1645). Consegnatosi agli scozzesi – con i quali tentò invano un accordo separato–, fu da loro trasferito in Inghilterra nelle mani del Parlamento (gennaio 1647). Nell’ultima fase dello scontro, il Parlamento aveva proceduto a smantellare la Chiesa di Stato anglicana e la gerarchia episcopale. L’arcivescovo Laud fu condannato a morte.

 

 


 

DISGREGAZIONE DELLO SCHIERAMENTO VINCITORE La sconfitta del re, principale nemico da abbattere, ebbe come immediata conseguenza la disgregazione del fronte dei vincitori.
Lo schieramento puritano, infatti, si spezzò, sia dal punto di vista politico sia da quello religioso. La maggioranza parlamentare era di orientamento presbiteriano, sosteneva cioè lo smantellamento della gerarchia episcopale anglicana (iniziato nel 1646) e l’introduzione di un’unica confessione di Stato calvinista, governata in modo autonomo dalle singole comunità di fedeli. L’esercito, appoggiato da Cromwell, si ispirava invece alle dottrine dell’altra anima del puritanesimo, gli indipendenti, che sostenevano l’introduzione di una generalizzata libertà di culto e di organizzazione per tutti i gruppi e per tutte le sètte religiose protestanti. Questa scelta era del tutto coerente con l’organizzazione che Cromwell aveva dato al New Model Army: nell’esercito non era praticata alcuna discriminazione religiosa – se non per i cattolici e gli anglicani episcopalisti.


 

LA DECAPITAZIONE DEL RE Nel gennaio del 1649 il re fu processato e condannato a morte. La sentenza venne immediatamente eseguita. Per la prima volta nella storia europea un movimento rivoluzionario ebbe come esito l’eliminazione fisica legalizzata di un sovrano. Nel maggio venne abolita la Camera dei Lords e proclamato il Commonwealth, la Repubblica inglese. 

 

LA DITTATURA DI OLIVER CROMWELL 

 

 

Ottenuto il totale controllo della situazione, Cromwell mise a tacere le frange estremiste dei levellers e dei diggers. Si volse poi a ristabilire l’ordine in Irlanda, dove nel giro di appena tre anni represse nel sangue la rivolta dei realisti cattolici (1649). Nel 1650-51 pacificò definitivamente la Scozia.
 

POLITICA ESTERA In politica estera Cromwell non fu meno fortunato che nelle sue imprese in Irlanda e in Scozia. Egli puntò soprattutto sull’espansione della potenza commerciale e coloniale inglese, coordinandola, nei limiti del possibile, con la difesa della comunità protestante internazionale. Nel 1651, in evidente funzione antiolandese, promulgò l’Atto di navigazione, in base al quale i collegamenti commerciali con l’Inghilterra venivano riservati alle navi inglesi o dei paesi da cui provenivano le merci; esso stabiliva inoltre che il commercio con le colonie inglesi d’oltremare era monopolio della madrepatria. 

La reazione olandese fu rapidamente stroncata in una breve guerra (1652-54) – la prima combattuta per puri obiettivi commerciali –, che si concluse con il riconoscimento, da parte degli olandesi, dell’Atto di navigazione. Contemporaneamente Cromwell stipulò trattati vantaggiosi con Svezia e Danimarca, che gli assicurarono l’ingresso nel Baltico, e con il Portogallo, nel cui immenso impero commerciale gli inglesi ebbero libero accesso, muovendo così i primi passi verso la loro futura conquista dell’India. Nel 1657 Cromwell si alleò con la Francia contro la Spagna, ottenendo, come vedremo, notevoli vantaggi. Sotto Cromwell l’Inghilterra accentuò dunque il suo ruolo di potenza di primo piano sullo scenario internazionale, tanto sullo scacchiere europeo quanto su quello coloniale. Dal punto di vista economico-sociale, nell’età di Cromwell si verificò un’impennata nei processi di privatizzazione della terra e di sviluppo di un’agricoltura moderna, fondata sul lavoro salariato e orientata al mercato e al profitto.
 

 


 

POLITICA INTERNA In politica interna Cromwell non riuscì a dar vita a un solido sistema di governo a causa dei contrasti con il Parlamento. Nonostante l’avvio allo smantellamento del sistema feudale, nessuna radicale riforma sociale ebbe luogo in quegli anni. Nel 1651 il Rump Parliament fu ulteriormente epurato per la sua sorda opposizione. Questo ultimo spezzone del Lungo Parlamento, detto Barebone Parliament (letteralmente «Parlamento scheletro»), non diede tuttavia alcun segno di collaborazione e venne disciolto nel 1653, mentre Cromwell assumeva il titolo di Lord protettore di Inghilterra, Scozia e Irlanda


IL RITORNO DELLA MONARCHIA


Quanto l’ordinamento di Cromwell fosse instabile è dimostrato dal fatto che, morto il Lord protettore nel 1658, il figlio Richard assunse il potere, ma dovette lasciarlo dopo pochi mesi in un dilagare di torbidi che annunciavano la fine della Repubblica.
Seguì infatti una fase di intricati conflitti tra stuardisti e cromwelliani, Lungo Parlamento (riconvocato nel febbraio 1660) ed esercito, armate del Nord e armate del Sud, fin quando, nel maggio 1660 il generale George Monk, con l’approvazione del Parlamento, marciò su Londra e mise sul trono l’erede di Carlo I, Carlo II Stuart (1660-85).
 

RESTAURAZIONE DEGLI STUART La restaurazione degli Stuart ebbe come immediato effetto il ripristino della Chiesa anglicana, la ripresa delle persecuzioni della dissidenza religiosa, la ricostituzione della Camera dei Lords e dei privilegi nobiliari. Non si verificò, tuttavia, un completo ritorno ai tempi di Giacomo I e Carlo I. La crescita di una forte coscienza politica nel ceto borghese e nella piccola nobiltà diede infatti una configurazione più articolata alla classe dirigente; sotto il profilo istituzionale, inoltre, non furono ripristinati i tribunali speciali e soprattutto prese forza la centralità del Parlamento come stabile punto di riferimento e di confronto per l’esercizio del potere monarchico. 

Da allora, e sempre più nettamente in seguito, Parlamento e monarchia sono considerati come due poteri distinti. Una distinzione e una separazione che accompagnarono il progressivo indebolimento e la definitiva scomparsa di ogni ipotesi politica fondata sulla monarchia di diritto divino.
 

L’EREDITÀ DELLA RIVOLUZIONE Dopo la «grande rivoluzione» a nessun sovrano inglese sarebbe più stato concesso di imporre nuove tasse per decreto, di incarcerare gli avversari politici senza processo, di attentare ai diritti di proprietà, di modificare d’autorità le forme dell’organizzazione ecclesiastica. La strada dell’assolutismo non poté più essere percorsa, anche se questi fondamenti del sistema politico inglese saranno definitivamente stabiliti dalla seconda («gloriosa» e «pacifica») rivoluzione del 1688-89.

 

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