L'età giolittiana

 


 L'EPOCA GIOLITTIANA


Dal 1896 si intensificò quell’industrializzazione che nel 1914 avrebbe avvicinata l’Italia ai Paesi più sviluppati del continente. In questo periodo, protagonista della vita politica nazionale fu Giovanni Giolitti (1842-1928). Egli conservò il potere fino al 1914, con pochissime interruzioni. La sua opera di statista fu fondamentale.


 




 

Durante i suoi governi (1903-05, 1906-09, 1911-13) impostò una politica di tolleranza nei confronti delle rivendicazioni economiche dei lavoratori (avviando numerosi provvedimenti di legislazione sociale) ma ne stroncò con forza le pretese politiche.
 

 

 

Dopo un ministero Zanardelli, di cui fu ministro degli interni, Giolitti ottenne il suo secondo incarico nel dicembre 1903. Cercò di governare con l’appoggio di socialisti e radicali, ma la prevalenza dell’ala rivoluzionaria all’interno del PSI modificò i suoi progetti.
Si orientò allora verso i cattolici, favorendo una lenta conciliazione tra Stato e Chiesa che portò al superamento del Non expedit.


 

 

Dimessosi nel marzo del 1905 gli successe Alessandro Fortis, politicamente a lui vicino, che riuscì a nazionalizzare le ferrovie.

 


 

Giolitti tornò al governo dal 1906 al 1909, attuando fondamentali riforme per i lavoratori. Durante il quarto ministero avviò la conquista della Libia (1911-12), introdusse il suffragio universale maschile (1912) e siglò il Patto Gentiloni con i cattolici, per assicurarsene il sostegno alle elezioni del 1913.; ma le polemiche suscitate da quest’ultima iniziativa lo indussero alle dimissioni

 

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