L'indipendenza delle colonie americane

 

 

 

 

 

 LA NASCITA DEGLI STATI UNITI

 

Una forte identità. La nascita degli Stati Uniti d’America trae origine dalla particolarità della loro colonizzazione: una emigrazione individuale o di associazioni con una comune e fortissima identità fondata sulla libera iniziativa.
 

L'Inghilterra domina il mondo. Durante la prima metà del XVIII secolo le colonie americane conoscono un eccezionale sviluppo economico (tabacco, cotone, cereali, manifatture) e demografico, grazie anche all’ininterrotto flusso migratorio proveniente dall’Europa che fa crescere la popolazione dai 250 000 abitanti del 1700 ai 2 milioni del 1770.
Dalla madrepatria le colonie ricevono una politica di espansione che culmina, alla fine della guerra dei Sette anni (1756-1763), con l’acquisizione del Canada, della Florida e della Louisiana orientale. 

D’altro canto la classe politica inglese si dimostra sorda riguardo alle domande di autonomia politica e libertà commerciale che provengono dalle colonie.
 

Tasse alte. Soprattutto l’imposizione fiscale, utilizzata da Londra anche per subordinare l’economia d’oltreoceano agli interessi inglesi, fa scatenare la ribellione che finirà per assumere dignità politica grazie alle idee illuministiche provenienti dall’Europa e assorbite da un’opinione pubblica estremamente vivace.
 

 

 


 

 

La dichiarazione d'indipendenza. I rappresentanti dei tredici stati americani si riuniscono in due congressi a Filadelfia nel 1774 e nel 1775 in cui viene decisa la guerra e il reclutamento di un’esercito al comando di George Washington. Il 4 luglio 1776 viene votata la Dichiarazione d’indipendenza che sancisce la nascita degli Stati Uniti d’America. 

 



La guerra e la resa inglese. La guerra successiva con l’Inghilterra vede fasi alterne finché gli americani non ottengono l’appoggio di Francia e Spagna. La sconfitta di Yorktown convince le autorità inglesi a cercare una soluzione diplomatica al conflitto: con la pace di Parigi (1783) la Gran Bretagna riconosce l’indipendenza e la sovranità delle ex colonie. Queste si danno una costituzione federale che rispetta le peculariatà dei singoli stati e che rappresenta la realizzazione democratica degli ideali illuministici.

  



I PROTAGONISTI

 

 

George Washington

 

Quando si parla di George Washington (22 febbraio 1732-14 dicembre 1799) si parla di un personaggio quasi leggendario.

Il primo presidente americano si prese “de iure et de facto” un posto tra i personaggi mitici.

Generale e politico, George Washington diede il via alla Guerra d’Indipendenza americana il 19 aprile 1775, guerra che portò al distacco di tredici colonie nordamericane, le quali divennero gli Stati Uniti d’America.

Egli ed i suoi sostenitori si misero contro la politica della madrepatria, il Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda, la quale impose delle tasse ai coloni, senza che questi avessero il diritto di essere rappresentati nel Parlamento di Londra.

Generale in guerra. Il 4 luglio 1776, le tredici colonie dichiararono la loro indipendenza. A Washington furono assegnati il comando dell'esercito e la missione, quasi impossibile, di sconfiggere le imponenti forze inglesi. «Washington fu scelto perché faceva parte di un'assemblea parrocchiale, elemento non secondario per l'epoca, e perché gli venivano riconosciute doti di fedeltà e onorabilità», spiega Marco Sioli, docente di Storia dell'America del Nord all'Università degli Studi di Milano. «In più, aveva sposato Martha Dandridge, una giovane vedova molto ricca, un altro fattore da non trascurare». Le fasi iniziali della rivoluzione furono disastrose
 
  
Guerriglia e spionaggio le armi vincenti del generale. Per Washington, stando alle sue parole, la guerra e l'impegno civile non erano "un privilegio, bensì un dovere". Eppure sostenne che sarebbe stato disposto a rinunciare al proprio ruolo per ritirarsi in campagna. Difficile credergli. «Washington stava salendo la scala sociale americana, si stava arricchendo, aveva sposato Martha. Tutto questo non stava avvenendo per caso. Era esattamente ciò che lui voleva», dice Sioli. «Cominciò a presentarsi alle truppe in alta uniforme, che non smise quasi mai. E pretese la massima disciplina, stabilendo severe punizioni per i disertori».
 
 
Washington era un uomo intelligente, ma non era un generale: i suoi uomini dovettero subire sventure di ogni tipo. Fra perdite e diserzioni, l'esercito coloniale poteva contare in media su 5-10mila unità, e a volte su meno di 2mila. In campo aperto gli americani non avevano speranze. «In compenso, Washington aveva un'ottima rete di spionaggio», sostiene il saggista Andrea Frediani, esperto in storia militare. «E la sua conoscenza topografica, la dimestichezza con il territorio, i contatti che ebbe con gli indiani facevano di lui un esperto di guerriglia». 
 
L'aiuto di Francia e Spagna per la vittoria.  La sorte, a un certo punto, gli venne incontro: una serie di errori del generale inglese John Burgoyne decapitò le forze britanniche, che si arresero a Saratoga (New York) nel 1777. L'episodio spianò la strada a un'alleanza fra gli insorti e i francesi, ancora memori della batosta subita nella guerra dei Sette anni.
La capitolazione di Saratoga convinse l'Europa che i britannici erano sul punto di cedere. Già da tempo Parigi riforniva segretamente i coloni di armi e polvere da sparo. Nel 1778 il governo francese dichiarò guerra all'Inghilterra. Nel 1779 toccò alla Spagna (alleata dei francesi), poi all'Olanda.
 
La fine della guerra. In aiuto agli insorti giunsero navi corsare, risorse e mezzi inviati da mecenati e mercanti europei. Ma determinante fu l'arrivo dei francesi. Nel 1781, l'esercito di Washington e quello francese diedero scacco matto al generale inglese Charles Cornwallis, che il 19 ottobre depose le armi. «Cornwallis lasciò che a presentare la spada a Washington fosse un suo subalterno», dice Sioli. 
Un segno di disprezzo verso la nuova autorità che diceva più di mille parole. In quello stesso anno, per dissolvere i timori di una dittatura, Washington smise la divisa e tornò ai suoi amati campi: "Un esercito", disse, "è chiamato a servire un Paese, non a governarlo". Fu eletto presidente nel 1789 e riconfermato nel 1792. Nel 1797 rifiutò il terzo mandato e si congedò dalla vita pubblica, ammonendo di evitare alleanze con l'Europa, principio che guidò la politica estera americana per decenni. George Washington morì a Mount Vernon, nella sua Virginia, il 14 dicembre 1799.
 
 
 

 John Adams
 
John Adams fu il secondo presidente degli Stati Uniti d'America dal 1797 al 1801 ed è uno dei principali autori della dichiarazione d'Indipendenza. 
 
 
 

 
Thomas Jefferson
 
 
Thomas Jefferson (1743-1826) è stato un politico, scienziato e architetto statunitense. È stato il terzo presidente degli Stati Uniti d'America dal 1801 al 1809 ed è considerato uno dei padri fondatori della nazione. Il suo volto è ritratto sul monte Rushmore accanto a quelli di George Washington, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt.

Fu il principale autore della dichiarazione d'indipendenza del 4 luglio 1776 e uno dei fondatori del Partito Democratico-Repubblicano degli Stati Uniti. Fortemente segnato dal pensiero illuminista, fu fautore di uno Stato laico e liberale, sostenendo l'egualitarismo formale e legale di tutti gli esseri umani, anche se non volle pronunciarsi mai contro la schiavitù.

Fu inoltre anche un intellettuale di grande spessore: fondatore della Università della Virginia, ebbe un ruolo centrale nello sviluppo e nella costruzione di questa istituzione. Fu infine anche un architetto: suoi sono ad esempio i progetti per il campus dell'Università della Virginia, la sua casa di Monticello, parte del patrimonio dell'UNESCO dal 1987, nonché il Campidoglio di Richmond.

 
 
 

 
Benjamin Franklin
 

Benjamin Franklin (1706 - 1790) è stato uno scienziato e politico statunitense.


Poliedrico negli interessi, fu uno dei Padri fondatori degli Stati Uniti. Svolse attività di giornalista, pubblicista, autore, tipografo, diplomatico, attivista, inventore, scienziato e politico. Fu tra i protagonisti della Rivoluzione americana. Diede contributi importanti allo studio dell'elettricità e fu un appassionato di meteorologia e anatomia. Inventò il parafulmine, le lenti bifocali, l'armonica a bicchieri e un modello di stufa-caminetto noto nel mondo anglosassone come stufa Franklin.

Per la sua notorietà e multiforme attività, gli viene attribuita l'invenzione di diversi altri dispositivi che in realtà semplicemente utilizzò, portandoli alla pubblica attenzione, o migliorò, come l'odometro. Contribuì sia alla creazione della prima biblioteca pubblica statunitense che del primo dipartimento di vigili del fuoco volontari della Pennsylvania. Benjamin Franklin, incarnazione dello spirito illuminista e incarnazione del self-made man in quanto intellettuale autodidatta, si guadagnò il titolo di "Primo Americano" per la sua infaticabile campagna per l'unità delle tredici colonie originarie.

Fu una figura fondamentale nella definizione dell'ethos statunitense come fusione di valori pragmatici (quali il duro lavoro e l'importanza dell'educazione e della parsimonia) e democratici (lo spirito comunitario e l'opposizione all'autoritarismo, sia politico che religioso), nello spirito razionale e tollerante dell'Illuminismo. Secondo le parole dello storico Henry Steele Commager, "In Franklin poterono fondersi le virtù del Puritanesimo senza i suoi difetti e la luce dell'Illuminismo senza il suo ardore eccessivo." Walter Isaacson definisce Franklin: "Il più dotato americano della sua era e colui che più influenzò il tipo di società che gli Stati Uniti sarebbero diventati."

 

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