IL GRANDE BARDO
L’universalità delle sue opere, la modernità dei personaggi,
l’introspezione psicologica ed esistenziale rendono solo in parte la
grandezza di William Shakespeare (Stratford-upon-Avon 1564-1616), genio
della letteratura inglese e artista tra i più alti di ogni tempo e
paese. I suoi testi teatrali, commedie e tragedie, da 400 anni
continuano a essere rappresentati in tutto il mondo, grazie alla
capacità ineguagliata di indagare i sentimenti dell'animo umano:
dall’estasi d'amore, alla crudeltà più bieca, dalla rivalità, alle
invidie e gelosie, dal desiderio di potere a quello di giustizia, dal
carattere illusorio dell’esistenza, alla fugacità della vita.
I personaggi. I suoi
personaggi fanno parte del nostro patrimonio genetico, sono tanto reali e
concreti da essere lo specchio degli esseri umani di ogni tempo, in
ognuno possiamo trovare qualcosa di noi. Partendo dal principe Amleto,
forse il punto più alto raggiunto, al Re Lear, al sanguinario Macbeth e
la sua Lady, il divertente e bonario Falstaff, gli amanti di Verona
Romeo e la tenera Giulietta, il perfido e calcolatore Jago e Otello,
Cleopatra e il suo Antonio, e poi Giulio Cesare, l'ebreo Shylock,
Riccardo III e la sua brama di potere e infine il mago Prospero che ci
ricorda: "noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e la nostra
breve vita è cinta di sonno".
La cultura e il linguaggio. Il grande drammaturgo inglese ha saputo
fare del mondo un teatro, grazie alla sua straordinaria forza poetica,
dando vita a un gioco di contrasti tra: amore e odio, prepotenza e
sacrificio, realtà e immaginazione, follia e saggezza. Con la sua
poesia, Shakespeare ha rinnovato il linguaggio, ha inventato una lingua
nuova per ogni personaggio, per ogni stato d'animo, immediata e
concreta. E la sua straordinaria originalità nel saper rielaborare le
fonti delle tragedie e delle commedie, attingendo alla tradizione del
teatro popolare inglese, alle cronache medievali, a novelle spagnole,
latine e alla cultura italiana.
L'opera. Della sua vita si hanno poche notizie,
solo fonti primarie di informazioni e il dibattito sulla cronologia
delle opere è ancora aperto e discusso da molti studiosi. Nel primo in
Folio del 1623, redatto da John Heminges e Henry Condell, sono inserite
36 opere teatrali di Shakespeare, classificate come tragedie, commedie e
drammi storici.
Possiamo classificare la sua carriera di drammaturgo
in quattro fasi cronologiche:
I Fase: dal 1590 al 1596. Si tratta della fase iniziale, in cui si ispira a
diversi autori. Il contemporaneo Marlow nei drammi storici Enrico VI e
“Riccardo III”, Plauto in La commedia degli errori e Ariosto in La
bisbetica domata. A concludere questo periodo tre opere teatrali di
grande originalità e abilità: Romeo e Giulietta, Riccardo II e Sogno di una notte di mezza estate.
II Fase: dal 1597 al 1600.
Shakespeare scrive Enrico IV e Enrico V, Giulio Cesare, Il
mercante di Venezia e La dodicesima notte.
III Fase: dal 1601 al
1608. Un periodo tra i più felici nel quale mette a punto le sue opere
migliori: Le allegri comari di Windsor, le quattro grandi tragedie di Amleto, Otello, King Lear, Macbeth e i due drammi sulla storia
romana, Antonio e Cleopatra e Coriolanus. Emerge nelle storie
un’immensa amarezza e pessimismo soprattutto nelle quattro grandi
tragedie.
IV Fase: dal 1609 al 1613. L’ultimo periodo creativo di
Shakespeare interrotto dalla morte, comprende la scrittura di Cimbelino, Il racconto d’inverno, La tempesta, opere nelle quali
prevale un tono più sereno e disteso rispetto alle precedenti.
"Essere o non essere": un esempio di intertestualità. Shakespeare è, per la letteratura mondiale, ciò che Amleto è per la
sfera immaginaria del personaggio letterario: uno spirito che si insinua
ovunque, che è impossibile da imprigionare.”
Con queste parole il
critico Harold Bloom ci parla di Shakespeare e insieme della sua opera
più famosa: Amleto. Scritto tra il 1600 e il 1601, è la storia del
principe di Danimarca Amleto che si finge pazzo per vendicare la morte
del padre.
Sicuramente il testo più popolare, studiato e rappresentato
delle tragedie di Shakespeare. Amleto è il personaggio che più di altri
incarna il dubbio esistenziale e per capire la profondità del testo shakespeariano la frase "essere o non essere questo è il problema", pronunciata dal principe danese, è particolarmente indicata. Ad una prima lettura infatti Amleto manifesta il dubbio se vendicare o meno il padre uccidendo lo zio, ma la frase rimanda pure ad un secondo e ad un terzo significato. Amleto si chiede anche dunque: "Essere o non essere un assassino?" e ancora: Perchè esisto?" "Qual è il senso dell'esistenza?"
Shakespeare in trouble